Campo di servizio con Libera a Castelvolturno

C’è chi a luglio va al mare con gli amici e chi, invece, decide di investire il proprio tempo in un campo di servizio come scout. Sì, è vero che il mare in Campania c’è, ma nel campo organizzato dall’associazione Libera, a Castelvolturno, territorio controllato dalla Camorra, il mare fa da sfondo a difficoltà ben maggiori. Batterlo in fatto di grandezza è pressoché impossibile, eppure i problemi delle volte ci riescono. Il Clan Jonathan Livingston, che ne è stato testimone, racconta così la sua esperienza: “Appena messo piede su quel suolo reso arido dal sole, qualcosa si è posto tra noi e la nostra solita visione delle cose. È stato come sbattere la testa contro un muro, che fino ad allora ci aveva coperto lo sguardo su un’Italia diversa e distante dalla nostra realtà.

Entrare in quella casa, perché di casa vi vogliamo parlare, in cui il clima è di una famiglia un po’ allargata e un po’ strampalata, è servito ad accorgerci di quel muro e a capire che bastava spostarci dal solito punto di vista, cambiare prospettiva, per vedere il mondo nascosto dietro.

Casa Alice è un bene confiscato alla camorrista Pupetta Maresca e trasformato dalle cooperative Altri Orizzonti e Jerry Essan Masslo, in una sartoria sociale; nella quale lavorano donne che sono state vittime di tratta.

Durante le ore di “formazione”, che si alternavano a quelle di lavoro, abbiamo sentito parole importanti e storie significative. Infatti, abbiamo incontrato persone come Angela, figlia di Michele Landa, Antonio Esposito, Luigi Ferrucci e Rosaria Gallinaro, che ci hanno raccontato la loro esperienza, rivelandoci la loro presa di posizione. Ci hanno trasmesso semplicità e umiltà: hanno perso molto, ma hanno avuto il coraggio di rialzarsi e resistere. Resistere insieme, in quella casa e in altre cooperative disseminate per il territorio, per costruire un futuro migliore.

Abbiamo conosciuto una storia di resistenza diversa dalla solita. Ragazzi e ragazze, bambini e bambine, uomini e donne, che hanno avuto sin da subito ben chiari i loro obiettivi. Su quelle terre calpestate dalle mafie abbiamo incontrato i “Partigiani del bene”.

Tutto ciò che abbiamo imparato, l’abbiamo messo nei nostri zaini e ora è sulle nostre spalle. Pezzi di mondo e di vita, quella attiva davanti ai fatti, da prendere come esempio quotidiano per ognuno di noi. Le parole sicuramente sono importanti, ma è fondamentale lottare per quel bene comune. Chiunque può ribellarsi di fronte alle ingiustizie che colpiscono il nostro territorio e, più siamo uniti, più siamo forti.”

Articolo di Chiara Sacchetto, Marta Manzato e Matilde Gatto
Foto di Chiara Sacchetto